Titolo I
ENTI ECCLESIASTICI CIVILMENTE RICONOSCIUTI
Art. 1.
Gli enti costituiti o approvati dall'autorità ecclesiastica,
aventi sede in Italia, i quali abbiano fine di religione o di culto,
possono essere riconosciuti come persone giuridiche agli effetti civili
con decreto del Presidente della Repubblica, udito il parere del
Consiglio di Stato.
Art. 2.
Sono considerati aventi fine di religione o di culto gli enti
che fanno parte della costituzione gerarchica della Chiesa, gli istituti
religiosi e i seminari.
Per altre persone giuridiche canoniche, per le fondazioni e in
genere per gli enti ecclesiastici che non abbiano personalità giuridica
nell'ordinamento della Chiesa, il fine di religione o di culto è
accertato di volta in volta, in conformità alle disposizioni dell'art.
16.
L'accertamento di cui al comma precedente è diretto a
verificare che il fine di religione o di culto sia costitutivo ed
essenziale dell'ente, anche se connesso a finalità di carattere
caritativo previste dal diritto canonico.
Art. 3.
Il riconoscimento della personalità giuridica è concesso su
domanda di chi rappresenta l'ente secondo il diritto canonico, previo
assenso dell'autorità ecclesiastica competente, ovvero su domanda di
questa.
Art. 4.
Gli enti ecclesiastici che hanno la personalità giuridica
nell'ordinamento dello Stato assumono la qualifica di enti ecclesiastici
civilmente riconosciuti.
Art. 5.
Gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti devono iscriversi nel registro delle persone giuridiche.
Nel registro, con le indicazioni prescritte dagli articoli 33 e
34 del codice civile, devono risultare le norme di funzionamento e i
poteri degli organi di rappresentanza dell'ente. Agli enti ecclesiastici
non può comunque essere fatto, ai fini della registrazione, un
trattamento diverso da quello previsto per le persone giuridiche
private.
I provvedimenti previsti dagli articoli 19 e 20 delle presenti
norme sono trasmessi d'ufficio per l'iscrizione nel registro delle
persone giuridiche.
Art. 6.
Gli enti ecclesiastici già riconosciuti devono richiedere
l'iscrizione nel registro delle persone giuridiche entro due anni dalla
entrata in vigore delle presenti norme.
La Conferenza episcopale italiana deve richiedere l'iscrizione entro il 30 settembre 1986.
Gli Istituti per il sostentamento del clero, le diocesi e le
parrocchie devono richiedere l'iscrizione entro il 31 dicembre 1989.
Decorsi tali termini, gli enti ecclesiastici di cui ai commi
precedenti potranno concludere negozi giuridici solo previa iscrizione
nel registro predetto.
Art. 7.
Gli istituti religiosi e le società di vita apostolica non
possono essere riconosciuti se non hanno la sede principale in Italia.
Le province italiane di istituti religiosi e di società di
vita apostolica non possono essere riconosciute se la loro attività non è
limitata al territorio dello Stato o a territori di missione. Gli enti
di cui ai commi precedenti e le loro case non possono essere
riconosciuti se non sono rappresentati, giuridicamente e di fatto, da
cittadini italiani aventi il domicilio in Italia. Questa disposizione
non si applica alle case generalizie e alle procure degli istituti
religiosi e delle società di vita apostolica.
Resta salvo quanto dispone l'art. 9.
Art. 8.
Gli istituti religiosi di diritto diocesano possono essere
riconosciuti soltanto previo assenso della Santa Sede e sempre che
sussistano garanzie di stabilità.
Art. 9.
Le società di vita apostolica e le associazioni pubbliche di
fedeli possono essere riconosciute soltanto previo assenso della Santa
Sede e sempre che non abbiano carattere locale.
Art. 10.
Le associazioni costituite o approvate dall'autorità
ecclesiastica non riconoscibili a norma dell'articolo precedente,
possono essere riconosciute alle condizioni previste dal codice civile.
Esse restano in tutto regolate dalle leggi civili, salvi la
competenza dell'autorità ecclesiastica circa la loro attività di
religione o di culto e i poteri della medesima in ordine agli organi
statutari.
In ogni caso è applicabile l'art. 3 delle presenti norme.
Art. 11.
Il riconoscimento delle chiese è ammesso solo se aperte al
culto pubblico e non annesse ad altro ente ecclesiastico, e sempre che
siano fornite dei mezzi sufficienti per la manutenzione e la
officiatura.
Art. 12.
Le fondazioni di culto possono essere riconosciute quando risultino la
sufficienza dei mezzi per il raggiungimento dei fini e la rispondenza
alle esigenze religiose della popolazione.
Art. 13.
La Conferenza episcopale italiana acquista la personalità
giuridica civile, quale ente ecclesiastico, con l'entrata in vigore
delle presenti norme.
Art. 14.
Dal 1° gennaio 1987, su richiesta dell'autorità ecclesiastica
competente, può essere revocato il riconoscimento civile ai capitoli
cattedrali o collegiali non più rispondenti a particolari esigenze o
tradizioni religiose e culturali della popolazione.
Nuovi capitoli possono essere civilmente riconosciuti solo a
seguito di soppressione o fusione di capitoli già esistenti o di revoca
del loro riconoscimento civile.
Art. 15.
Gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti possono
svolgere attività diverse da quelle di religione o di culto, alle
condizioni previste dall'art. 7, n. 3, secondo comma, dell'accordo del
18 febbraio 1984.
Art. 16.
Agli effetti delle leggi civili si considerano comunque:
a) attività di religione o di culto quelle dirette
all'esercizio del culto e alla cura delle anime, alla formazione del
clero e die religiosi, a scopi missionari, alla catechesi,
all'educazione cristiana;
b) attività diverse da quelle di religione o di culto quelle
di assistenza e beneficenza, istruzione, educazione e cultura e, in ogni
caso, le attività commerciali o a scopo di lucro.
Art. 17.
Per gli acquisti degli enti ecclesiastici civilmente
riconosciuti si applicano le disposizioni delle leggi civili relative
alle persone giuridiche.
Art. 18.
Ai fini dell'invalidità o inefficacia di negozi giuridici
posti in essere da enti ecclesiastici non possono essere opposte a
terzi, che non ne fossero a conoscenza, le limitazioni dei poteri di
rappresentanza o l'omissione di controlli canonici che non risultino dal
codice di diritto canonico o dal registro delle persone giuridiche.
Art. 19.
Ogni mutamento sostanziale nel fine, nella destinazione dei
beni e nel modo di esistenza di un ente ecclesiastico civilmente
riconosciuto acquista efficacia civile mediante riconoscimento con
decreto del Presidente della Repubblica, udito il parere del Consiglio
di Stato.
In caso di mutamento che faccia perdere all'ente uno dei
requisiti prescritti per il suo riconoscimento può essere revocato il
riconoscimento stesso con decreto del Presidente della Repubblica,
sentita l'autorità ecclesiastica e udito il parere del Consiglio di
Stato.
Art. 20.
La soppressione degli enti ecclesiastici civilmente
riconosciuti e la loro estinzione per altre cause hanno efficacia civile
mediante l'iscrizione nel registro delle persone giuridiche del
provvedimento dell'autorità ecclesiastica competente che sopprime l'ente
o ne dichiara l'avvenuta estinzione.
L'autorità ecclesiastica competente trasmette il provvedimento
al Ministro dell'interno che, con proprio decreto, dispone l'iscrizione
di cui al primo comma e provvede alla devoluzione dei beni dell'ente
soppresso o estinto.
Tale devoluzione avviene secondo quanto prevede il
provvedimento ecclesiastico, salvi in ogni caso la volontà dei
disponenti, i diritti dei terzi e le disposizioni statutarie, e
osservate, in caso di trasferimento ad altro ente, le leggi civili
relative agli acquisti delle persone giuridiche.
Titolo II
BENI ECCLESIASTICI E SOSTENTAMENTO DEL CLERO
Art. 21.
In ogni diocesi viene eretto, entro il 30 settembre 1986, con
decreto del Vescovo diocesano, l'Istituto per il sostentamento del clero
previsto dal canone 1274 del codice di diritto canonico.
Mediante accordo tra i Vescovi interessati, possono essere
costituiti Istituti a carattere interdiocesano, equiparati, ai fini
delle presenti norme, a quelli diocesani.
La Conferenza episcopale italiana erige, entro lo stesso
termine, l'Istituto centrale per il sostentamento del clero, che ha il
fine di integrare le risorse degli Istituti di cui ai commi precedenti.
Art. 22.
L'Istituto centrale e gli altri Istituti per il sostentamento
del clero acquistano la personalità giuridica civile dalla data di
pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto del Ministro
dell'interno, che conferisce ad essi la qualifica di ente ecclesiastico
civilmente riconosciuto.
Il decreto è emanato entro sessanta giorni dalla data di ricezione dei relativi provvedimenti canonici.
La procedura di cui ai commi precedenti si applica anche al
riconoscimento civile dei decreti canonici di fusione di Istituti
diocesani o di separazione di Istituti a carattere interdiocesano
emanati entro il 30 settembre 1989.
Art 23.
Lo statuto di ciascun Istituto per il sostentamento del clero è
emanato dal Vescovo diocesano in conformità alle disposizioni della
Conferenza episcopale italiana.
In ogni caso, almeno un terzo dei membri del consiglio di
amministrazione di ciascun Istituto è composto da rappresentanti
designati dal clero diocesano su base elettiva.
Art. 24.
Dal 1° gennaio 1987 ogni Istituto provvede, in conformità allo
statuto, ad assicurare, nella misura periodicamente determinata dalla
Conferenza episcopale italiana, il congruo e dignitoso sostentamento del
clero che svolge servizio in favore della diocesi, salvo quanto
previsto dall'art. 51.
Si intende per servizio svolto in favore della diocesi, ai
sensi del canone 1274, paragrafo 1, del codice di diritto canonico,
l'esercizio del ministero come definito nelle disposizioni emanate dalla
Conferenza episcopale italiana.
I sacerdoti che svolgono tale servizio hanno diritto a
ricevere la remunerazione per il proprio sostentamento, nella misura
indicata nel primo comma, da parte degli enti di cui agli articoli 33,
lettera a) e 34, primo comma, per quanto da ciascuno di essi dovuto.
Art. 25.
La remunerazione di cui agli articoli 24, 33, lettera a) e 34 è
equiparata, ai soli fini fiscali, al reddito da lavoro dipendente.
L'Istituto centrale opera, su tale remunerazione, le ritenute
fiscali e versa anche, per i sacerdoti che vi siano tenuti, i contributi
previdenziali e assistenziali previsti dalle leggi vigenti.
Art. 26.
Gli istituti religiosi, le loro province e case civilmente
riconosciuti, possono, per ciascuno dei propri membri che presti
continuativamente opera in attività commerciali svolte dall'ente,
dedurre, ai fini della determinazione del reddito di impresa, se
inerente alla sua produzione e in sostituzione degli altri costi e oneri
relativi alla prestazione d'opera, ad eccezione di quelli
previdenziali, un importo pari all'ammontare del limite minimo annuo
previsto per le pensioni corrisposte dal Fondo pensioni dei lavoratori
dipendenti dell'Istituto nazionale di previdenza sociale.
Con decreto del Ministro delle finanze è determinata la
documentazione necessaria per il riconoscimento di tali deduzioni.
Le disposizioni di cui ai commi precedenti si applicano dal
periodo di imposta successivo a quello di entrata in vigore delle
presenti norme.
Art. 27.
L'Istituto centrale e gli altri Istituti per il sostentamento
del clero possono svolgere anche funzioni previdenziali integrative
autonome per il clero.
Gli Istituti diocesani destinano, in conformità ad apposite
norme statutarie, una quota delle proprie risorse per sovvenire alle
necessità che si manifestino nei casi di abbandono della vita
ecclesiastica da parte di coloro che non abbiano altre fonti sufficienti
di reddito.
Art. 28.
Con il decreto di erezione di ciascun Istituto sono
contestualmente estinti la mensa vescovile, i benefici capitolari,
parrocchiali, vicariali curati o comunque denominati, esistenti nella
diocesi e i loro patrimoni sono trasferiti di diritto all'Istituto
stesso, restando peraltro estinti i diritti attribuiti ai beneficiari
dal canone 1473 del codice di diritto canonico del 1917.
Con il decreto predetto o con decreto integrativo sono
elencati i benefici estinti a norma del comma precedente. Il
riconoscimento civile dei provvedimenti canonici di cui ai commi
precedenti avviene con le modalità e nei termini previsti dall'art. 22.
L'Istituto succede ai benefici estinti in tutti i rapporti attivi e passivi.
Art. 29.
Con provvedimenti dell'autorità ecclesiastica competente,
vengono determinate, entro il 30 settembre 1986, la sede e la
denominazione delle diocesi e delle parrocchie costituite
nell'ordinamento canonico.
Tali enti acquistano la personalità giuridica civile dalla
data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto del Ministro
dell'interno che conferisce alle singole diocesi e parrocchie la
qualifica di ente ecclesiastico civilmente riconosciuto.
Il decreto è emanato entro sessanta giorni dalla data di ricezione dei relativi provvedimenti canonici.
Con provvedimenti del Vescovo diocesano gli edifici di culto,
gli episcopi, le case canoniche, gli immobili adibiti ad attività
educative o caritative o ad altre attività pastorali, i beni destinati
interamente all'adempimento di oneri di culto ed ogni altro bene o
attività che non fa parte della dote redditizia del beneficio,
trasferiti all'Istituto a norma dell'art. 28, sono individuati e
assegnati a diocesi, parrocchie e capitoli non soppressi.
Art. 30.
Con l'acquisto, da parte della parrocchia, della personalità
giuridica a norma dell'art. 29, si estingue, ove esistente, la
personalità giuridica della chiesa parrocchiale e il suo patrimonio è
trasferito di diritto alla parrocchia, che succede all'ente estinto in
tutti i rapporti attivi e passivi.
Con il provvedimento di cui al primo comma dell'art. 29,
l'autorità ecclesiastica competente comunica anche l'elenco delle chiese
parrocchiali estinte. Tali enti perdono la personalità giuridica civile
dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto del
Ministro dell'interno, che priva le singole chiese parrocchiali della
qualifica di ente ecclesiastico civilmente riconosciuto.
Il decreto è emanato entro sessanta giorni dalla data di ricezione dei relativi provvedimenti canonici.
Le disposizioni dei commi precedenti si applicano anche
all'estinzione di chiese cattedrali e al trasferimento dei loro
patrimoni alle rispettive diocesi qualora la autorità ecclesiastica
adotti i relativi provvedimenti canonici.
Art. 31.
Fino al 31 dicembre 1989 i trasferimenti di cui agli articoli
22, terzo comma, 28, 29, 30 e tutti gli atti e adempimenti necessari a
norma di legge sono esenti da ogni tributo e onere.
Le trascrizioni e le volture catastali relative ai
trasferimenti previsti dagli articoli 28 e 30 avvengono sulla base dei
decreti ministeriali di cui ai medesimi articoli senza necessità di
ulteriori atti o documentazioni, salve, per le iscrizioni tavolari, le
indicazioni previste dalle leggi vigenti in materia.
Nelle diocesi per il cui territorio vige il catasto con il
sistema tavolare, i decreti di cui all'art. 28 possono provvedere alla
ripartizione dei beni immobili degli enti estniti tra l'Istituto
diocesano per il sostentamento del clero e gli altri enti indicati
nell'art. 29, ultimo comma, che ad essi succedono.
Analogamente si procede per i trasferimenti di cui agli articoli 55 e 69.
Art. 32.
Le liberalità disposte con atto anteriore al 1° luglio 1987 a
favore di un beneficio ecclesiastico sono devolute all'Istituto
diocesano per il sostentamento del clero, qualora la successione si apra
dopo l'estinzione del beneficio o la donazione non sia stata da questo
accettata prima dell'estinzione.
Analogamente le liberalità disposte a favore di una chiesa
parrocchiale o cattedrale sono devolute rispettivamente alla parrocchia o
diocesi che ad essa succede a norma dell'art. 30.
Art. 33.
I sacerdoti di cui all'art. 24 comunicano annualmente all'Istituto diocesano per il sostentamento del clero:
a) la remunerazione che, secondo le norme stabilite dal
Vescovo diocesano, sentito il Consiglio presbiterale, ricevono dagli
enti ecclesiastici presso i quali esercitano il ministero:
b) gli stipendi eventualmente ad essi corrisposti da altri soggetti.
Art. 34.
L'Istituto verifica, per ciascun sacerdote, i dati ricevuti a
norma dell'art. 33. Qualora la somma dei proventi di cui al medesimo
articolo non raggiunga la misura determinata dalla Conferenza episcopale
italiana a norma dell'art. 24, primo comma, l'Istituto stabilisce la
integrazione spettante, dandone comunicazione all'interessato.
La Conferenza episcopale italiana stabilisce procedure
accelerate di composizione o di ricorso contro i provvedimenti
dell'Istituto.
Tali procedure devono assicurare un'adeguata rappresentanza
del clero negli organi competenti per la composizione o la definizione
dei ricorsi. Contro le decisioni di tali organi sono ammessi il ricorso
gerarchico al Vescovo diocesano e gli ulteriori rimedi previsti dal
diritto canonico. I ricorsi non hanno effetto sospensivo, salvo il
disposto del canone 1737, paragrafo 3, del codice di diritto canonico.
Art. 35.
Gli Istituti diocesani per il sostentamento del clero
provvedono all'integrazione di cui all'art. 34 con i redditi del proprio
patrimonio.
Qualora tali redditi risultino insufficienti, gli Istituti
richiedono all'Istituto centrale la somma residua necessaria ad
assicurare ad ogni sacerdote la remunerazione nella misura stabilita.
Parte degli eventuali avanzi di gestione è versata
all'Istituto centrale nella misura periodicamente stabilita dalla
Conferenza episcopale italiana.
Art. 36.
Per le alienazioni e per gli altri negozi di cui al canone
1295 del codice di diritto canonico, di valore almeno tre volte
superiore a quello massimo stabilito dalla Conferenza episcopale
italiana ai sensi del canone 1292, paragrafi 1 e 2, l'Istituto diocesano
per il sostentamento del clero dovrà produrre alla Santa Sede il parere
della Conferenza episcopale italiana ai fini della prescritta
autorizzazione.
Art. 37.
L'Istituto per il sostentamento del clero che intende vendere,
a soggetti diversi da quelli indicati nel terzo comma, un’ immobile per
un prezzo superiore a lire 1.500 milioni, deve darne, con atto
notificato, comunicazione al Prefetto della provincia nella quale è
ubicato l'immobile, dichiarando il prezzo e specificando le modalità di
pagamento e le altre condizioni essenziali alle quali la vendita
dovrebbe essere conclusa.
Entro sei mesi dalla ricezione della proposta, il Prefetto
comunica all'Istituto, con atto notificato, se e quale ente tra quelli
indicati al successivo comma intende acquistare il bene per le proprie
istituzionali, alle condizioni previste nella proposta di vendita,
trasmettendo contestualmente copia autentica della deliberazione di
acquisto alle medesime condizioni da parte dell'ente pubblico.
Il Prefetto, nel caso di più enti interessati all'acquisto,
sceglie secondo il seguente ordine di priorità: Stato, comune,
università degli studi, regione, provincia.
Il relativo contratto di vendita è stipulato entro due mesi
dalla notifica della comunicazione di cui al secondo comma. Il pagamento
del prezzo, qualora acquirente sia un ente pubblico diverso dallo
Stato, deve avvenire entro due mesi dalla stipulazione del contratto,
salva diversa pattuizione.
Qualora acquirente sia lo Stato, il prezzo di vendita deve
essere pagato, salva diversa pattuizione, nella misura del quaranta per
cento entro due mesi dalla data di registrazione del decreto di
approvazione del contratto, e, per la parte residua, entro quattro mesi
da tale data.
Le somme pagate dall'acquirente oltre tre mesi dalla
notificazione di cui al secondo comma, sono rivalutate, salva diversa
pattuizione a norma dell'art. 38.
Qualora la comunicazione di cui al secondo comma non sia
notificataentro il termine di decadenza ivi previsto, l'Istituto può
vendere liberamente l'immobile a prezzo non inferiore e a condizioni non
diverse rispetto a quelli comunicati al Prefetto. Il contratto di
vendita stipulato in violazione dell'obbligo di cui al primo comma,
ovvero per un prezzo inferiore o a condizioni diverse rispetto a quelli
comunicati al Prefetto, è nullo. Le disposizioni precedenti non si
applicano quando:
a) acquirente del bene sia un ente ecclesiastico;
b) esistano diritti di prelazione, sempre che i soggetti
titolari li esercitino. La comunicazione di cui al primo comma deve
essere rinnovata qualora la vendita a soggetti diversi da quelli
indicati al terzo comma avvenga dopo tre anni dalla data di
notificazione.
Art. 38.
Le somme di cui al primo e settimo comma dell'articolo
precedente sono rivalutate in misura pari alla variazione, accertata
dall'ISTAT, dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e
di impiegati verificatasi:
a) nel caso del primo comma, tra il mese precedente l'entrata
in vigore delle presenti norme e quello di comunicazione della proposta;
b) nel caso del settimo comma, tra il mese precedente il termine ivi indicato e quello del pagamento.
Art. 39.
L'Istituto centrale per il sostentamento del clero è
amministrato da un consiglio composto per almeno un terzo dei suoi
membri da rappresentanti designati dal clero secondo modalità che
verranno stabilite dalla Conferenza episcopale italiana.
Il presidente e gli altri componenti sono designati dalla Conferenza episcopale italiana.
Art. 40.
Le entrate dell'Istituto centrale per il sostentamento del
clero sono costituite principalmente dalle oblazioni versate a norma
dell'art. 46 e dalle somme di cui all'art. 41, secondo comma.
Art. 41.
La Conferenza episcopale italiana determina annualmente le
destinazioni delle somme ricevute ai sensi dell'art. 47 nell'ambito
delle sole finalità previste dall'art. 48.
Le somme che la Conferenza episcopale italiana destina al
sostentamento del clero sono trasferite all'Istituto centrale.
Art. 42.
Ogni Istituto per il sostentamento del clero, prima
dell'inizio di ciascun esercizio, comunica all'Istituto centrale il
proprio stato di previsione, corredato dalla richiesta di integrazione
di cui all'art. 35, secondo comma.
L'Istituto centrale, verificati i dati dello stato di previsione, provvede alle erogazioni necessarie.
Art. 43.
Ogni Istituto per il sostentamento del clero, alla chiusura di
ciascun esercizio, invia all'Istituto centrale una relazione
consuntiva, nella quale devono essere indicati in particolare i criteri e
le modalità di corresponsione ai singoli sacerdoti delle somme ricevute
a norma dell'art. 35.
Art. 44.
La Conferenza episcopale italiana trasmette annualmente
all'autorità statale competente un rendiconto relativo alla effettiva
utilizzazione delle somme di cui agli articoli 46, 47 e 50, terzo comma,
e lo pubblica sull'organo ufficiale della stessa Conferenza.
Tale rendiconto deve comunque precisare:
a) il numero dei sacerdoti che svolgono servizio in favore delle diocesi;
b) la somma stabilita dalla Conferenza per il loro dignitoso sostentamento;
c) l'ammontare complessivo delle somme di cui agli articoli 46 e 47 destinate al sostentamento del clero;
d) il numero dei sacerdoti a cui con tali somme è stata assicurata l'intera remunerazione;
e) il numero dei sacerdoti a cui con tali somme è stata assicurata una integrazione;
f) l'ammontare delle ritenute fiscali e dei versamenti previdenziali e assistenziali operati ai sensi dell'art. 25;
g) gli interventi finanziari dell'Istituto centrale a favore dei singoli Istituti per il sostentamento del clero;
h) gli interventi operati per le altre finalità previste dall'art. 48.
La Conferenza episcopale italiana provvede a diffondere
adeguata informazione sul contenuto di tale rendiconto e sugli scopi ai
quali ha destinato le somme di cui all'art. 47.
Art. 45.
Le disposizioni vigenti in materia di imposta comunale
sull'incremento di valore degli immobili appartenenti ai benefici
ecclesiastici si applicano agli immobili appartenenti agli Istituti per
il sostentamento del clero.
Art. 46.
A decorrere dal periodo d'imposta 1989 le persone fisiche
possono dedurre dal proprio reddito complessivo le erogazioni liberali
in denaro, fino all'importo di lire due milioni, a favore dell'Istituto
centrale per il sostentamento del clero della Chiesa cattolica italiana.
Le relative modalità sono determinate con decreto del Ministro delle finanze.
Art. 47.
Le somme da corrispondere a far tempo dal 1° gennaio 1987 e
sino a tutto il 1989 alla Conferenza episcopale italiana e al Fondo
edifici di culto in forza delle presenti norme sono iscritte in appositi
capitoli dello stato di previsione del Ministero del tesoro, verso
contestuale soppressione del capitolo n. 4493 del medesimo stato di
previsione, dei capitoli n. 2001, n. 2002, n. 2031 e n. 2071 dello stato
di previsione del Ministero dell'interno, nonchè del capitolo n. 7871
dello stato di previsione del Ministero dei lavori pubblici.
A decorrere dall'anno finanziario 1990 una quota pari all'otto
per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, liquidata
dagli uffici sulla base delle dichiarazioni annuali, è destinata, in
parte, a scopi di interesse sociale o di carattere umanitario a diretta
gestione statale e, in parte, a scopi di carattere religioso a diretta
gestione della Chiesa cattolica.
Le destinazioni di cui al comma precedente vengono stabilite
sulla base delle scelte espresse dai contribuenti in sede di
dichiarazione annuale dei redditi. In caso di scelte non espresse da
parte dei contribuenti, la destinazione si stabilisce in proporzione
alle scelte espresse.
Per gli anni finanziari 1990, 1991 e 1992 lo Stato
corrisponde, entro il mese di marzo di ciascun anno, alla Conferenza
episcopale italiana, a titolo di anticipo e salvo conguaglio complessivo
entro il mese di giugno 1996, una somma pari al contributo alla stessa
corrisposto nell'anno 1989, a norma dell'art. 50.
A decorrere dall'anno finanziario 1993, lo Stato corrisponde
annualmente, entro il mese di giugno, alla Conferenza episcopale
italiana, a titolo di anticipo e salvo conguaglio entro il mese di
gennaio del terzo periodo d'imposta successivo, una somma calcolata
sull'importo liquidato dagli uffici sulla base delle dichiarazioni
annuali relative al terzo periodo d'imposta precedente con destinazione
alla Chiesa cattolica.
CFR[DL 28.06.1995 n. 249 ART n. 1]
Art. 48.
Le quote di cui all'art. 47, secondo comma, sono utilizzate:
dallo Stato per interventi straordinari per fame nel mondo, calamità
naturali, assistenza ai rifugiati, conservazione di beni culturali;
dalla Chiesa cattolica per esigenze di culto della popolazione,
sostentamento del clero, interventi caritativi a favore della
collettività nazionale o di paesi del terzo mondo.
Art. 49.
Al termine di ogni triennio successivo al 1989, una apposita
commissione paritetica, nominata dall'autorità governativa e dalla
Conferenza episcopale italiana, procede alla revisione dell'importo
deducibile di cui all'art. 46 e alla valutazione del gettito della quota
IRPEF di cui all'art. 47, al fine di predisporre eventuali modifiche.
Art. 50.
I contributi e concorsi nelle spese a favore delle
Amministrazioni del Fondo per il culto e del Fondo di beneficenza e
religione nella città di Roma di cui al capitolo n. 4493 dello stato di
previsione del Ministero del tesoro per l'anno finanziario 1984, gli
assegni al personale ecclesiastico ex palatino, le spese concernenti
l'inventario degli stati patrimoniali degli istituti ecclesiastici e il
contributo per integrare i redditi dei Patrimoni riuniti ex economali
destinati a sovvenire il clero particolarmente benemerito e bisognoso e a
favorire scopi di culto, di beneficenza e di istruzione, iscritti,
rispettivamente, ai capitoli n. 2001, n. 2002, n. 2031 a n. 2071 dello
stato di previsione del Ministero dell'interno per l'anno finanziario
1984, nonchè le spese di concorso dello Stato nella costruzione e
ricostruzione di chiese di cui al capitolo n. 7871 dello stato di
previsione del Ministero dei lavoripubblici per l'anno finanziario 1984,
sono corrisposti, per gli anni finanziari 1985 e 1986, negli stessi
importi risultanti dalle previsioni finali dei predetti capitoli per
l'anno 1984, al netto di eventuali riassegnazioni per il pagamento di
residui passivi perenti.
Lo stanziamento del suddetto capitolo n. 4493 dello stato di
previsione del Ministero del tesoro sarà comunque integrato dell'importo
necessario per assicurare negli anni 1985 e 1986 le maggiorazioni
conseguenti alle variazioni dell'indennità integrativa speciale, di cui
alla legge 27 maggio 1959, n. 324, e successive modificazioni e
integrazioni, che si registreranno negli anni
medesimi.
Per gli anni 1985 e 1986 i suddetti contributi, concorsi,
assegni e spese continuano ad essere corrisposti nelle misure di cui al
comma precedente, rispettivamente alle Amministrazioni del Fondo per il
culto, del Fondo di beneficenza e religione nella città di Roma e dei
Patrimoni riuniti ex economali, nonchè al Ministero dei lavori pubblici
per la costruzione e la ricostruzione di chiese.
Per ciascuno degli anni 1987, 1988 e 1989 gli stessi
contributi, concorsi, assegni e spese, aumentati del 5 per cento,
rispetto all'importo dell'anno precedente, sono invece corrisposti alla
Conferenza episcopale italiana, ad eccezione della somma di lire 3.500
milioni annui che verrà corrisposta, a decorrere dall'anno 1987, al
Fondo edifici di culto di cui all'art. 55 delle presenti norme.
Le erogazioni alla Conferenza episcopale italiana, da
effettuarsi in unica soluzione entro il 20 gennaio di ciascun anno,
avvengono secondo modalità che sono determinate con decreto del Ministro
del tesoro. Tali modalità devono, comunque, consentire l'adempimento
degli obblighi di cui al successivo art. 51 e il finanziamento
dell'attività per il sostentamento del clero dell'Istituto di cui
all'art. 21, terzo comma.
Resta a carico del bilancio dello Stato il pagamento delle
residue annualità dei limiti di impegno iscritti, sino a tutto l'anno
finanziario 1984, sul capitolo n. 7872 dello stato di previsione del
Ministero dei lavori pubblici.
Art. 51.
Le disposizioni di cui al regio decreto 29 gennaio 1931, n.
227, e successive modifiche e integrazioni, sono abrogate dal 1° gennaio
1985, salvo quanto stabilito nel precedente art. 50.
Le somme liquidate per l'anno 1984 a titolo di supplemento di
congrua, onorari e spese di culto continuano ad essere corrisposte, in
favore dei medesimi titolari, nel medesimo ammontare e con il medesimo
regime fiscale, previdenziale e assistenziale per il periodo 1° gennaio
1985-31 dicembre 1986, aumentate delle maggiorazioni di cui al primo
comma del precedente art. 50 conseguenti alle variazioni dell'indennità
integrativa speciale per gli anni 1985 e 1986. Il pagamento viene
effettuato in rate mensili posticipate con scadenza il giorno 25 di
ciascun mese e il giorno 20 del mese di dicembre.
L'Ordinario diocesano, in caso di mutamenti della titolarità o
di estinzione di uffici ecclesiastici, chiede al Prefetto della
provincia competente per territorio la modifica della intestazione dei
relativi titoli di spesa in favore di altro sacerdote che svolga
servizio per la diocesi.
Per gli anni 1987, 1988 e 1989 la Conferenza episcopale
italiana assume, in conformità al titolo II delle presenti norme, tutti
gli impegni e oneri ai quali facevano fronte i contributi e concorsi che
vengono ad essa corrisposti ai sensi dell'art. 50, terzo comma;
assicurando in particolare la remunerazione dei titolari degli uffici ecclesiastici congruati.
Nel medesimi anni potrà essere avviato il nuovo sistema di
sostentamento del clero anche per gli altri sacerdoti che svolgono
servizio in favore della diocesi, a norma dell'art. 24.
Dal 1° gennaio 1990 le disposizioni del titolo II delle
presenti norme si applicano, comunque, a tutti i sacerdoti che svolgono
servizio in favore della diocesi.
Art. 52.
Lo Stato continua ad esercitare fino al 31 dicembre 1986 la
tutela per gli atti eccedenti l'ordinaria amministrazione dei benefici
ecclesiastici.
Dal 1° gennaio 1987 e fino al 31 dicembre 1989, i benefici
eventualmente ancora esistenti non possono effettuare alienazioni di
beni e altri atti eccedenti l'ordinaria amministrazione senza i
provvedimenti canonici di autorizzazione. I contratti di vendita devono
contenere gli estremi di tale autorizzazione, che determina anche le
modalità di reimpiego delle somme ricavate.
Art. 53.
Gli impegni finanziari per la costruzione di edifici di culto
cattolico e delle pertinenti opere parrocchiali sono determinati dalle
autorità civili competenti secondo le disposizioni delle leggi 22
ottobre 1971, n. 865, e 28 gennaio 1977, n. 10, e successive
modificazioni.
Gli edifici di culto e le pertinenti opere parrocchiali di cui
al primo comma, costruiti con contributi regionali e comunali, non
possono essere sottratti alla loro destinazione, neppure per effetto di
alienazione, se non sono decorsi venti anni dalla erogazione del
contributo.
Il vincolo è trascritto nei registri immobiliari. Esso può
essere estinto prima del compimento del termine, d'intesa tra autorità
ecclesiastica e autorità civile erogante, previa restituzione delle
somme percepite a titolo di contributo, in proporzione alla riduzione
del termine, e con rivalutazione determinata con le modalità di cui
all'art. 38.
Gli atti e i negozi che comportino violazione del vincolo sono nulli.
Titolo III
FONDO EDIFICI DI CULTO
Art. 54.
Il Fondo per il culto e il Fondo di beneficenza e religione
nella città di Roma sono soppressi dal 1° gennaio 1987. Dalla stessa
data sono soppresse anche le Aziende speciali di culto destinate, sotto
varie denominazioni, a scopi di culto, di beneficenza e di religione,
attualmente gestite dalle Prefetture della Repubblica.
Fino a tale data i predetti Fondi e Aziende continuano ad essere regolati dalle disposizioni vigenti.
Art. 55.
Il patrimonio degli ex economati dei benefici vacanti e dei
fondi di religione di cui all'art. 18 della legge 27 maggio 1929, n.
848, del Fondo per il culto, del Fondo di beneficenza e religione nella
città di Roma e delle Aziende speciali di culto, denominate Fondo clero
veneto - gestione clero curato, Fondo clero veneto - gestione grande
cartella, Azienda speciale di culto della Toscana, Patrimonio
ecclesiastico di Grosseto, è riunito dal 1° gennaio 1987 in patrimonio
unico con la denominazione di Fondo edifici di culto. Il Fondo edifici
di culto succede in tutti i rapporti attivi e passivi degli enti,
aziende e patrimoni predetti.
Art. 56.
Il Fondo edifici di culto ha personalità giuridica ed è
amministrato in base alle norme che regolano le gestioni patrimoniali
dello Stato con i privilegi, le esenzioni e le agevolazioni fiscali ad
esse riconosciuti.
Art. 57.
L'amministrazione del Fondo edifici di culto è affidata al
Ministero dell'interno, che la esercita a mezzo della Direzione generale
degli affari dei culti e, nell'ambito provinciale, a mezzo dei
prefetti.
Il Ministro dell'interno ha la rappresentanza giuridica del Fondo.
Il Ministro è coadiuvato da un consiglio di amministrazione,
nominato su sua proposta dal Presidente della Repubblica, e composto da:
il Presidente, designato dal Ministro dell'interno;
il Direttore generale degli affari dei culti;
2 componenti designati dal Ministro dell'interno;
1 componente designato dal Ministro dei lavori pubblici;
1 componente designato dal Ministro per i beni culturali e ambientali;
3 componenti designati dalla Conferenza episcopale italiana.
Le attribuzioni del consiglio di amministrazione sono determinate con apposito regolamento.
Art. 58.
I proventi del patrimonio del Fondo edifici di culto,
integrati nella misura di cui al terzo comma dell'art. 50, sono
utilizzati per la conservazione, il restauro, la tutela e la
valorizzazione degli edifici di culto appartenenti al Fondo, nonchè per
gli altri oneri posti a carico del Fondo stesso.
La progettazione e l'esecuzione delle relative opere edilizie
sono affidate, salve le competenze del Ministero per i beni culturali e
ambientali, al Ministero dei lavori pubblici.
Art. 59.
Il bilancio preventivo e quello consuntivo del Fondo edifici
di culto sono sottoposti all'approvazione del Parlamento in allegato,
rispettivamente, allo stato di previsione e al consuntivo del Ministero
dell'interno.
Art. 60.
Sono estinti, dal 1° gennaio 1987, i rapporti perpetui reali e
personali in forza dei quali il Fondo edifici di culto, quale
successore dei Fondi soppressi di cui al precedente art. 54 e dei
patrimoni di cui all'art. 55, ha diritto di riscuotere canoni
enfiteutici, censi, livelli e altre prestazioni in denaro o in derrate
di ammontare non superiore a lire sessantamila annue.
L'equivalente in denaro delle prestazioni in derrate è
determinato con i criteri di cui all'art. 1, secondo comma, della legge
22 luglio 1966, n. 607.
Gli uffici percettori chiudono le relative partite contabili,
senza oneri per i debitori, dandone comunicazione agli obbligati e agli
uffici interessati.
Art. 61.
Il Fondo edifici di culto, con effetto dal 1° gennaio 1987,
affranca i canoni enfiteutici perpetui o temporanei la cui spesa grava
sui bilanci dei Fondi, delle aziende e dei patrimoni soppressi di cui
agli articoli 54 e 55, mediante il pagamento di una somma corrispondente
a quindici volte il loro valore.
L'equivalente in denaro delle prestazioni in derrate è
determinato con i criteri di cui all'art. 1, secondo comma, della legge
22 luglio 1966, n. 607.
Art. 62.
I contratti di locazione di immobili siti in Roma, Trento e
Trieste a vantaggio del clero officiante, il cui onere grava sui bilanci
del Fondo di beneficenza e religione nella città di Roma e dei
Patrimoni riuniti ex economali, sono risolti a decorrere dal 1° gennaio
1987, salva la facoltà degli attuali beneficiari di succedere nei
relativi contratti assumendone gli oneri. In tali casi ad essi è
liquidata una somma pari a cinque volte il canone annuo corrisposto
aumentato del dieci per cento a titolo di contributo per le spese di
volturazione e registrazione dei contratti.
Art. 63.
L'affrancazione di tutte le altre prestazioni che gravano sui
Fondi, aziende e patrimoni soppressi, di cui agli articoli 54 e 55,
sotto qualsiasi forma determinate, si effettua mediante il pagamento di
una somma pari a dieci volte la misura delle prestazioni stesse.
Art. 64.
I soggetti, nei cui confronti si procede alle affrancazioni
previste dagli articoli precedenti, devono comunicare, entro trenta
giorni dalla notifica del relativo provvedimento, l'eventuale rifiuto
dell'indennizzo.
In caso di rifiuto si applica il procedimento di cui agli articoli 2 e seguenti della legge 22 luglio 1966, n. 607.
Art. 65.
Il Fondo edifici di culto può alienare gli immobili adibiti ad
uso di civile abitazione secondo le norme che disciplinano la gestione
dei beni disponibili dello Stato e degli enti ad esso assimilati,
investendo il ricavato in deroga all'art. 21 del decreto del Presidente
della Repubblica 17 gennaio 1959, n. 2.
Titolo IV
DISPOSIZIONI FINALI
Art. 66.
Il clero addetto alle chiese della Santa Sindone e di Superga
in Torino, del Pantheon e del Sudario in Roma, alle cappelle annesse ai
palazzi ex reali di Roma, Torino, Firenze, Napoli, Genova, alla tenuta
di San Rossore, all'oratorio entro il palazzo ex reale di Venezia, alle
cappelle annesse ai palazzi di dimora e di villeggiatura degli ex
sovrani e dell'ex famiglia reale e alle chiese parrocchiali di San
Gottardo al palazzo in Milano, di San Francesco di Paola in Napoli e di
San Pietro in Palermo, è nominato liberamente, secondo il diritto
canonico comune, dall'autorità ecclesiastica competente.
Art. 67.
Al clero di cui all'art. 66 in servizio al momento della
entrata in vigore delle presenti norme viene conservato, a titolo di
assegno vitalizio personale, l'emolumento di cui attualmente fruisce,
rivalutabile nella stessa misura percentuale prevista per i dipendenti
dello Stato dal relativo accordo triennale.
I salariati addetti alla Basilica di San Francesco di Paola in
Napoli alla data del 1° luglio 1984, e che continuino nelle proprie
mansioni alla data di entrata in vigore delle presenti norme, sono
mantenuti in servizio.
Art. 68.
Le chiese, le cappelle e l'oratorio di cui all'art. 66
continuano ad appartenere agli enti che ne sono attualmente proprietari.
Art. 69.
I patrimoni della Basilica di San Francesco di Paola in
Napoli, della cappella di San Pietro nel palazzo ex reale di Palermo e
della chiesa di San Gottardo annessa al palazzo ex reale di Milano sono
trasferiti, con i relativi oneri, al Fondo edifici di culto.
Art. 70.
Le spese conseguenti all'attuazione degli articoli 67 e 69
gravano sul bilancio del Fondo edifici di culto, eccetto quelle
attualmente a carico del bilancio della Presidenza della Repubblica.
Art. 71.
Le confraternite non aventi scopo esclusivo o prevalente di
culto continuano ad essere disciplinate dalla legge dello Stato, salva
la competenza dell'autorità ecclesiastica per quanto riguarda le
attività dirette a scopi di culto.
Per le confraternite esistenti al 7 giugno 1929, per le quali
non sia stato ancora emanato il decreto previsto dal primo comma
dell'art. 77 del regolamento approvato con regio decreto 2 dicembre
1929, n. 2262, restano in vigore le disposizioni del medesimo articolo.
Art. 72.
Le fabbricerie esistenti continuano ad essere disciplinate
dagli articoli 15 e 16 della legge 27 maggio 1929, n. 848, e dalle altre
disposizioni che le riguardano. Gli articoli da 33 a 51 e l'art. 55 del
regolamento approvato con regio decreto 2 dicembre 1929, n. 2262,
nonchè il regio decreto 26 settembre 1935, n. 2032, e successive
modificazioni, restano applicabili fino all'entrata in vigore delle
disposizioni per l'attuazione delle presenti norme. Entro il 31 dicembre
1989, previa intesa tra la Conferenza episcopale italiana e il Ministro
dell'interno, con decreto del Presidente della Repubblica, udito il
parere del Consiglio di Stato, può essere disposta la soppressione di
fabbricerie anche fuori dei casi previsti dalle disposizioni vigenti,
ferma restando la destinazione dei beni a norma dell'art. 1 del regio
decreto 26 settembre 1935, n. 2032.
Art. 73.
Le cessioni e ripartizioni previste dall'art. 27 del
Concordato dell'11 febbraio 1929 e dagli articoli 6, 7 e 8 della legge
27 maggio 1929, n. 848, in quanto non siano state ancora eseguite,
continuano ad essere disciplinate dalle disposizioni
vigenti.
Art. 74.
Sono abrogate, se non espressamente richiamate, le
disposizioni della legge 27 maggio 1929, n. 848, e successive
modificazioni, e delle leggi 18 dicembre 1952, n. 2522, 18 aprile 1962,
n. 168, e successive modifiche e integrazioni, e le altre disposizioni
legislative e regolamentari incompatibili con le presenti norme.
Art. 75.